"...è socialista quella società che riesce a dare a ciascun individuo la massima possibilità di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita..."

(Riccardo Lombardi)

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Ingrao. Un comunista non pentito

“(….) da un lato perché avvertivo l’esigenza di riflettere sul comunismo leninista e stalinista. E dall’altro per riprendere contatto con quelle forze socialdemocratiche con le quali pensavo si dovesse stabilire un rapporto, dopo la sconfitta ormai annunciata e incipiente del comunismo sovietico». (…) I socialisti italiani in quel momento sono Craxi. Tuttavia c’era ancora a quel tempo un socialismo al quale resto molto legato. Quello di Riccardo Lombardi e della sinistra del Psi. Con loro mantenevo un dialogo aperto. Per costruire assieme una saldatura tra culture che avrebbe potuto impedire l’egemonia craxiana”.

Così Pietro Ingrao in una lunga intervista rilasciata a ‘L’Unità’ esattamente 10 anni fa al compimento del suo 90° compleanno. Il fatto è che Ingrao, dopo il congresso in cui nacque il Pds, guidò la corrente interna dei “Comunisti democratici” (!), successivamente, dopo aver abbandonato il Pds-Ds, fece un chiaro endorsement per Rifondazione comunista. Che c’entrano i socialisti? Insomma le sue riflessioni sul comunismo marxista, leninista e stalinista non sembrano proprio meritare gli apologhi che si leggono in queste ore, ahimè, anche da parte di alcuni socialisti i quali, o conoscono poco la storia, forse perché troppo giovani, o hanno la memoria corta.

A costo di apparire irriverente e politicamente scorretto (meglio che ipocrita, comunque), al di là dell’umano e doveroso rispetto che si deve ad un defunto, non mi unisco al coro di quanti, in queste ore, si sciolgono in peana verso la figura politica di Ingrao. Fu il rampollo di Togliatti che gli affidò la direzione de ‘L’Unità’, che diresse dal 1947 per 10 anni durante i quali avvallò e sostenne acriticamente la strenua e ottusa difesa dello stalinismo del Migliore. Suggerisco di osservare almeno 2 titoli del quotidiano comunista di quegli anni. Nel 1953 alla morte del tiranno georgiano e nel 1956 l’anno della rivoluzione ungherese soffocata nel sangue dai sovietici. Sono facilmente rintracciabili in Rete.

Un altro Pietro, Nenni, che di errori ne commise, anche se in misura infinitamente minore, dopo il XX congresso del Pcus e il rapporto Kruscev sui crimini staliniani (che ‘L’Unità’ diretta da Ingrao si guardò bene dal pubblicare), ruppe il patto con il Pci, restituì al mittente sovietico il premio Stalin di cui era stato insignito (ivi compreso il denaro) e tracciò la strada per i socialisti verso una chiara scelta socialdemocratica. Molti comunisti, dopo il 1956, lasciarono il Pci e alcuni, come Fortuna, Giolitti e Ghirelli aderirono al Psi. Craxi e il Psi (anche quello attuale) sono figli di quella scelta. Mentre Ingrao seguitava a rappresentare alla perfezione quello che molti anni prima il sindacalista socialista Bruno Buozzi aveva definito “la sinistra delle chiacchiere”, pentendosi a scoppio ritardato oltre 30 anni dopo, Craxi e i socialisti italiani sostenevano combattenti per la libertà come il ceco Jiri Pelikan, o i polacchi come Adam Michnik piuttosto che gli esuli cileni.

Da buon comunista, nell’autunno della sua lunga esistenza, Ingrao, parlando nella citata intervista al giornale che diresse a lungo, non sfuggì all’antico vizietto dei trinariciuti di scegliere tra socialisti cattivi e buoni. I buoni, ca va sans dire, erano quelli morti. E comunque, nella sua logica togliattiana, sarebbero stati utili per frazionare il Psi. Un film iniziato a Livorno nel 1921. Non credo che, vivente, Lombardi si sarebbe prestato. Anzi, ne sono certo.

Emanuele Pecheux

Articolo pubblicato su Avanti! il 28 settembre 2015