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"...è socialista quella società che riesce a dare a ciascun individuo la massima possibilità di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita..." (Riccardo Lombardi) |
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Craxi: via noi, il regime violento della finanza vi farà a pezziIl regime avanza inesorabilmente. Lo fa passo dopo passo, facendosi precedere dalle spedizioni militari del braccio armato. La giustizia politica è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica ed alla conquista di aree di influenza. Il regime avanza con la conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e della sottocultura che è ormai straripante. Non contenti dei risultati disastrosi provocati dal maggioritario, si vorrebbe da qualche parte dare un ulteriore giro di vite, sopprimendo la quota proporzionale per giungere finalmente alla agognata meta di due blocchi disomogenei, multicolorati, forzati ed imposti. Partiti che sono ben lontani dalla maggioranza assoluta pensano in questo modo di potersi imporre con una sorta di violenta normalizzazione. Sono oggi evidentissime le influenze determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di potere oligarchici.
A ciò si aggiunga la presenza sempre più pressante della
finanza internazionale, il pericolo della svendita del
patrimonio pubblico, mentre peraltro continua la quotidiana,
demagogica esaltazione della privatizzazione. La
privatizzazione è presentata come una sorta di liberazione
dal male, come un passaggio da una sfera infernale ad una
sfera paradisiaca. Una falsità che i fatti si sono già
incaricati di illustrare, mettendo in luce il contrasto che
talvolta si apre non solo con gli interessi del mondo del
lavoro ma anche con i più generali interessi della
collettività nazionale. La “globalizzazione” non viene
affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza,
l’autorità di una vera e grande nazione, ma piuttosto viene
subìta in forma subalterna in un contesto di cui è sempre
più difficile intravedere un avvenire, che non sia quello di
un degrado continuo, di un impoverimento della società, di
una sostanziale perdita di indipendenza.
I partiti dipinti come congreghe parassitarie divoratrici
del danaro pubblico, sono una caricatura falsa e spregevole
di chi ha della
democrazia un’idea tutta sua, fatta di sé, del suo clan,
dei suoi interessi e della sua ideologia illiberale. Fa
meraviglia, invece, come negli anni più recenti ci siano
state grandi ruberie sulle quali nessuno ha indagato. Basti
pensare che solo in occasione di una svalutazione della
lira, dopo una dissennata difesa del livello di cambio
compiuta con uno sperpero di risorse enorme ed assurdo dalle
autorità competenti, gruppi finanziari collegati alla
finanza internazionale, diversi gruppi, speculando sulla
lira evidentemente sulla base di informazioni certe, che
un’indagine tempestiva e penetrante avrebbe potuto
facilmente individuare, hanno guadagnato in pochi giorni un
numero di miliardi pari alle entrate straordinarie della
politica di alcuni anni. Per non dire di tante inchieste
finite letteralmente nel nulla.
D’Alema ha detto che con la caduta del Muro di Berlino si
aprirono le porte ad un nuovo sistema politico. Noi non
abbiamo la memoria corta. Nell’anno della caduta del Muro,
nel 1989, venne varata dal Parlamento italiano una amnistia
con la quale si cancellavano i reati di finanziamento
illegale commessi sino ad allora. La legge venne approvata
in tutta fretta e alla chetichella. Non fu neppure richiesta
la discussione in aula. Le Commissioni, in sede legislativa,
evidentemente senza opposizioni o comunque senza opposizioni
rumorose, diedero vita, maggioranza e comunisti d’amore e
d’accordo, a un vero e proprio colpo di spugna. La caduta
del Muro di Berlino aveva posto l’esigenza di un urgente
“colpo di spugna”. Sul sistema di finanziamento illegale dei
partiti e delle attività politiche, in funzione dal
dopoguerra, e adottato da tutti anche in violazione della
legge sul finanziamento dei partiti entrata in vigore nel
1974, veniva posto un coperchio.
La montagna ha partorito il topolino. Anzi il topaccio. Se
la Prima Repubblica era una fogna, è in questa fogna che,
come amministratore pubblico, il signor Prodi si è fatto le
ossa. I parametri di Maastricht non si compongono di regole
divine. Non stanno scritti nella Bibbia. Non sono
un’appendice ai dieci comandamenti. I criteri con i quali si
è oggi alle prese furono adottati in una situazione data,
con calcoli e previsioni date. L’andamento di questi anni
non ha corrisposto alle previsioni dei sottoscrittori. La
situazione odierna è diversa da quella sperata. Più
complessa, più spinosa, più difficile da inquadrare se si
vogliono evitare fratture e inaccettabili scompensi sociali.
Poiché si tratta di un Trattato, la cui applicazione e
portata è di grande importanza per il futuro dell’’Europa
Comunitaria, come tutti i Trattati può essere rinegoziato,
aggiornato, adattato alle condizioni reali ed alle nuove
esigenze di un gran numero ormai di paesi aderenti.
Questa è la regola del buon senso, dell’equilibrio politico,
della gestione concreta e pratica della realtà. Su di un
altro piano stanno i declamatori retorici dell’Europa,
il delirio europeistico che non tiene contro della realtà,
la scelta della
crisi, della stagnazione e della conseguente
disoccupazione. Affidare effetti taumaturgici e miracolose
resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto
a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è
una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche
e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro.
La pace si organizza con la cooperazione, la collaborazione,
il negoziato, e non con la spericolata globalizzazione
forzata. Ogni nazione ha una sua identità, una sua
storia, un ruolo geopolitico cui non può rinunciare. Più
nazioni possono associarsi, mediante trattati per perseguire
fini comuni, economici, sociali, culturali, politici,
ambientali. Cancellare il ruolo delle nazioni significa
offendere un diritto dei popoli e creare le basi per lo
svuotamento, la disintegrazione, secondo processi
imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono
costruire. Dietro la longa manus della cosiddetta
globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi,
sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria
e militare.
(Bettino Craxi, estratti dal libro “Io parlo, e continuerò a
parlare”, ripresi da “Il Blog di Lameduck” il 19 maggio
2015. Il libro, edito da Mondadori nel 2014, cioè 14 anni
dopo la morte di Craxi, raccoglie scritti del leader
socialista risalenti alla seconda metà degli anni ‘90.
Scritti che oggi appaiono assolutamente profetici).
Il regime avanza inesorabilmente. Lo fa passo dopo passo, facendosi precedere dalle spedizioni militari del braccio armato. La giustizia politica è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica ed alla conquista di aree di influenza. Il regime avanza con la conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e della sottocultura che è ormai straripante. Non contenti dei risultati disastrosi provocati dal maggioritario, si vorrebbe da qualche parte dare un ulteriore giro di vite, sopprimendo la quota proporzionale per giungere finalmente alla agognata meta di due blocchi disomogenei, multicolorati, forzati ed imposti. Partiti che sono ben lontani dalla maggioranza assoluta pensano in questo modo di potersi imporre con una sorta di violenta normalizzazione. Sono oggi evidentissime le influenze determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di potere oligarchici. A ciò si aggiunga la presenza sempre più pressante della finanza internazionale, il pericolo della svendita del patrimonio pubblico, mentre peraltro continua la quotidiana, demagogica esaltazione della privatizzazione. La privatizzazione è presentata come una sorta di liberazione dal male, come un passaggio da una sfera infernale ad una sfera paradisiaca. Una falsità che i fatti si sono già incaricati di illustrare, mettendo in luce il contrasto che talvolta si apre non solo con gli interessi del mondo del lavoro ma anche con i più generali interessi della collettività nazionale. La “globalizzazione” non viene affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza, l’autorità di una vera e grande nazione, ma piuttosto viene subìta in forma subalterna in un contesto di cui è sempre più difficile intravedere un avvenire, che non sia quello di un degrado continuo, di un impoverimento della società, di una sostanziale perdita di indipendenza. I partiti dipinti come congreghe parassitarie divoratrici del danaro pubblico, sono una caricatura falsa e spregevole di chi ha della democrazia un’idea tutta sua, fatta di sé, del suo clan, dei suoi interessi e della sua ideologia illiberale. Fa meraviglia, invece, come negli anni più recenti ci siano state grandi ruberie sulle quali nessuno ha indagato. Basti pensare che solo in occasione di una svalutazione della lira, dopo una dissennata difesa del livello di cambio compiuta con uno sperpero di risorse enorme ed assurdo dalle autorità competenti, gruppi finanziari collegati alla finanza internazionale, diversi gruppi, speculando sulla lira evidentemente sulla base di informazioni certe, che un’indagine tempestiva e penetrante avrebbe potuto facilmente individuare, hanno guadagnato in pochi giorni un numero di miliardi pari alle entrate straordinarie della politica di alcuni anni. Per non dire di tante inchieste finite letteralmente nel nulla. D’Alema ha detto che con la caduta del Muro di Berlino si aprirono le porte ad un nuovo sistema politico. Noi non abbiamo la memoria corta. Nell’anno della caduta del Muro, nel 1989, venne varata dal Parlamento italiano una amnistia con la quale si cancellavano i reati di finanziamento illegale commessi sino ad allora. La legge venne approvata in tutta fretta e alla chetichella. Non fu neppure richiesta la discussione in aula. Le Commissioni, in sede legislativa, evidentemente senza opposizioni o comunque senza opposizioni rumorose, diedero vita, maggioranza e comunisti d’amore e d’accordo, a un vero e proprio colpo di spugna. La caduta del Muro di Berlino aveva posto l’esigenza di un urgente “colpo di spugna”. Sul sistema di finanziamento illegale dei partiti e delle attività politiche, in funzione dal dopoguerra, e adottato da tutti anche in violazione della legge sul finanziamento dei partiti entrata in vigore nel 1974, veniva posto un coperchio. La montagna ha partorito il topolino. Anzi il topaccio. Se la Prima Repubblica era una fogna, è in questa fogna che, come amministratore pubblico, il signor Prodi si è fatto le ossa. I parametri di Maastricht non si compongono di regole divine. Non stanno scritti nella Bibbia. Non sono un’appendice ai dieci comandamenti. I criteri con i quali si è oggi alle prese furono adottati in una situazione data, con calcoli e previsioni date. L’andamento di questi anni non ha corrisposto alle previsioni dei sottoscrittori. La situazione odierna è diversa da quella sperata. Più complessa, più spinosa, più difficile da inquadrare se si vogliono evitare fratture e inaccettabili scompensi sociali. Poiché si tratta di un Trattato, la cui applicazione e portata è di grande importanza per il futuro dell’Europa Comunitaria, come tutti i Trattati può essere rinegoziato, aggiornato, adattato alle condizioni reali ed alle nuove esigenze di un gran numero ormai di paesi aderenti. Questa è la regola del buon senso, dell’equilibrio politico, della gestione concreta e pratica della realtà. Su di un altro piano stanno i declamatori retorici dell’Europa, il delirio europeistico che non tiene contro della realtà, la scelta della crisi, della stagnazione e della conseguente disoccupazione. Affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro. La pace si organizza con la cooperazione, la collaborazione, il negoziato, e non con la spericolata globalizzazione forzata. Ogni nazione ha una sua identità, una sua storia, un ruolo geopolitico cui non può rinunciare. Più nazioni possono associarsi, mediante trattati per perseguire fini comuni, economici, sociali, culturali, politici, ambientali. Cancellare il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e creare le basi per lo svuotamento, la disintegrazione, secondo processi imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono costruire. Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare. (Bettino Craxi, estratti dal libro “Io parlo, e continuerò a parlare”, ripresi da “Il Blog di Lameduck” il 19 maggio 2015. Il libro, edito da Mondadori nel 2014, cioè 14 anni dopo la morte di Craxi, raccoglie scritti del leader socialista risalenti alla seconda metà degli anni ‘90. Scritti che oggi appaiono assolutamente profetici). |