|
Soros
appoggia i populisti per
distruggere l’Europa
Intervista a Bobo Craxi
«Mio padre nel ‘92
denunciò la speculazione del
finanziere che aveva come
obiettivo la distruzione
dell’Italia. Oggi fa lo
stesso con l’aiuto di gente
come Di Maio: un fascista da
monetine, con l’abito buono»
«Io non sto dicendo che i
Cinque Stelle siano finanziati
da Soros, ma è un fatto che ne
siano guardati con simpatia,
così come lo stesso Soros ha
sempre sostenuto prima Tsipras
(versione anti-Ue), poi Podemos.
C’è il tentativo da sempre di
grandi gruppi finanziari di
destabilizzare l’Italia e
dividere l’Europa, per favorire
la speculazione internazionale.
Di Maio? Un fascista da
monetine, con l’abito buono».
Parla con Il Dubbio Bobo Craxi,
figlio dello statista socialista
scomparso a Hammamet 16 anni fa.
Bobo (all’anagrafe Vittorio,
come il il nonno viceprefetto
del Cln a Milano) ex deputato
eletto in Forza Italia in
qualità di presidente del Nuovo
Psi alleato con la Cdl, è stato
anche sottosegretario agli
Esteri, alla Farnesina guidata
da Massimo D’Alema. Ora è in
rotta con il micro-Psi renziano
di Riccardo Nencini, ed è
presidente dei comitati
socialisti per il No al
referendum costituzionale.
Presidente onorario l’ex
ministro del Lavoro e delle
Finanze Rino Formica, definito
da Bobo «saggia sentinella
democratica».
Onorevole Craxi, è di nuovo
molto gettonato un video di You
Tube dove dopo l’attacco alla
lira nel 1992 suo padre attacca
George Soros, definendolo “Squalos”,
e dice da Hammamet: «Fece una
speculazione che gli fruttò una
cifra colossale e con questo si
guadagnò pure la laurea honoris
causa a Bologna». Suo padre
disse alla sottoscritta, a
margine di una lunga intervista
sulla mancata unità a sinistra
pubblicata da Panorama. it, che
«il pescecane era tra quei
poteri che volevano ridurre il
nostro a un Paese debole e
sottomesso».
È così. Ma ora il problema di
gente come Soros è dividere
l’Unione europea, disgregarla,
stretta come è dall’attacco
della Finanza internazionale che
vuol favorire altre monete e
l’ottusità delle burocrazie.
Lei in questi giorni è
tornato a parlare di Soros
associandolo anche ai Cinque
Stelle. Ora però potrebbero
derubricare queste valutazioni a
una fissa di famiglia. O a
fantapolitica. O no?
Io penso che i movimenti che
nascono e raccolgono una
esasperazione popolare che
esiste in particolare negli
ultimi anni, movimenti che hanno
una matrice spontanea, ma che in
qualche modo si sono incuneati
nelle difficoltà economiche e
negli equilibri politici nei
quali i partiti di ispirazione
socialdemocratica sono stati
obbligati a grandi coalizioni,
partono certamente spontanei. Ma
l’impressione che si ha è che
poi dietro alle spalle abbiano
sostenitori abbastanza acclarati,
ovvero quelli che puntano alla
disgregazione europea.
La potrebbero accusare di
essere un cultore del
complottismo. Cosa risponde?
Qui ci sono finanziatori e
sostenitori conclamati.
Di nuovo “Soros”, finanziere
“filantropo”, detto da suo
padre, che andava per le spicce,
“Squalos”?
Vorrei ricordare che Soros è
stato nella crisi greca
sostenitore della posizione di
rifiuto da parte di Tsipras,
versione uno, prima che vincesse
le elezioni, dell’Europa. In
Spagna poi non è un mistero per
nessuno che non solo Pablo
Iglesias sia guardato con
simpatia da Soros ma sia anche
sostenuto finanziariamente, così
come Podemos è sostenuto dal
Venezuela. Mi sembra che ci sia
un filone internazionale
irregolare, che punta certamente
alla destabilizzazione.
A favore di chi?
Più è debole l’Unione europea,
più si rafforzano le altre
monete. Più, ad esempio, la
Spagna è divisa più esercita
un’influenza sempre meno
preminente nei Paesi
Sudamericani. Gli ispanici
sudamericani hanno una grande
influenza economica.
Suo padre mi disse nel 1997,
fuori dal taccuino, che per lui
Romano Prodi, allora premier,
fosse “al servizio dello Squalos”
per sottomettere, a suo dire,
l’Italia all’asse Franco-tedesco
e Usa.
Io posso dire che nel
comportamento successivo del
secondo Ulivo (2006) però di
questa sottomissione non vi è
traccia. Dopodiché Soros non è
altro che il paradigma di coloro
che vogliono fare della
destabilizzazione uno strumento
per avere mano libera sui
mercati e poter speculare sulle
monete che si indeboliscono.
Paradigmatica la caduta in
questi tre giorni della
sterlina! L’obiettivo è avere
mano libera puntando sulla
divisione della Ue. Da un lato i
nemici dell’Europa sono la
burocrazia ottusa di Bruxelles e
la rigidità tedesca e dall’altro
i nemici sono la speculazione
internazionale che può tuttavia
far leva sulla esistenza di
movimenti reali votati da una
popolazione sofferente.
Lo sa che Luigi Di Maio,
candidato in pectore del M5s per
Palazzo Chigi, potrebbe a questo
punto querelarla?
Ma che i Cinque Stelle siano
guardati con simpatia da tutti
coloro che hanno soffiato sul
fuoco della divisione europea è
un fatto.
Sì ma ora Di Maio sembra
accreditarsi come più europeista
di lei, ex sottosegretario di
D’Alema, per il quale era
delegato anche all’Onu.
Il ripensamento dell’ultim’ora
non cambia l’intestazione che
dura ormai da più di due anni.
Soprattutto ora per questi
movimenti prevale la duttilità
tattica. Il problema del M5s è
dimostrare di essere affidabile.
Ma questa affidabilità da cosa
dovrebbe derivare? Forse, dal
vestito buono di Di Maio?
Minacciò l’ex candidato
sindaco del Pd Roberto Giachetti
di prenderlo a monetine. Le
ricorda qualcosa?
Di Maio ha un linguaggio
squadrista perché è nato in una
famiglia fascista e quindi
inevitabilmente si esprime così.
Quel che rimane è una visione
nichilista della società
politica.
A tirar monetine, e non solo,
a suo padre, il 30 aprile del
1993, insieme con i comunisti
c’erano anche molti missini. Un
vecchio vizio?
I Cinque Stelle, per me, si
presentano esattamente come si
presentava il movimento
rivoluzionario dei primi anni
20, il fatto che abbiamo la
cravatta e non la camicia nera
non cambia la qualità del loro
modo di fare politica.
Ora però lei voterà no
insieme a loro no al referendum
costituzionale. Lei è anche
presidente dei comitati
socialisti per il no. Come la
mette?
Io penso che dopo il voto
inglese, il nostro referendum
costituzionale assuma tutta
un’altra fisionomia. Il quesito
rischia di essere travisato
perché è ormai superato nei
fatti. Brexit ha riaperto la
questione europea
dell’unificazione delle
legislazioni nazionali. E anche
i Trattati devono ora essere
rivisti. Quindi, sarebbe saggio
spostare il referendum e
spacchettarlo.
Formica, a 89 anni, giorni fa
ha detto che solo per il caldo
non è potuto tornare dopo
trent’anni a Montecitorio per
una conferenza stampa con lei.
Che significato ha questa
ridiscesa in campo del sempre
leale collaboratore di suo
padre?
Formica ha la saggezza che gli è
propria da sempre e l’apertura
di mente più giovane e più
lucida di molti di noi. E’ una
sentinella democratica.
Onorevole Craxi, ora però la
potrebbero accusare di essere
rispetto a Nencini la minoranza
dell’atomo.
La partita costituzionale pone
interrogativi a tutti e sovente
le minoranze hanno dato nella
storia prospettive alle
maggioranze. Questo è il compito
degli eredi di una grande
tradizione come la nostra. Oggi
partiti di massa organizzati non
ne vedo, ci sono invece comitati
elettorali.
Cosa avrebbe fatto suo padre
in questa crisi?
Penso a cosa disse nel ’97. E’
illuminante che i suoi
avvertimenti suonino profetici:
«Se non si mette mano ai
Trattati per l’Italia l’ Europa
da paradiso rischia di
trasformarsi in un inferno».
Che rapporti ha ora con
Silvio Berlusconi?
Ho mandato i miei auguri al
presidente Berlusconi. Quando
lui ricomincia a occuparsi del
Milan vuol dire che è in via di
guarigione (sorride ndr).
Intervista di Paola Sacchi pubblicata su Il
dubbio il 29 giugno 2016 |